giovedì 31 marzo 2016

Al mare la vita è differente. Non si vive di ora in ora ma secondo l’attimo. Viviamo in base alle correnti, ci regoliamo sulle maree e seguiamo il corso del sole.

(Sandy Gingras)


mercoledì 30 marzo 2016

Città di mare con nebbia di Sandor Weltmann



Dicono sempre di non giudicare un libro dalla copertina, ma perché, visto che la stessa è il suo biglietto da visita, ciò che può attirare l'attenzione di un lettore, oltre al suo contenuto, e fargli decidere di acquistarlo come di ignorarlo? E' ovvio, poi, che se un libro è brutto e vale poco o nulla, si può evitare di leggerlo, ma ci sono dei casi in cui è possibile ritrovare quel giusto equilibrio, ossia una bella copertina e un bel contenuto. Un esempio, in tal senso, ce lo offre la casa editrice Skira, che è solita fare le cose in grande non solo per i suoi cataloghi d'arte, ma anche quando si tratta di dare alla luce libri di dimensione più piccola, come quelli della collana Narrativadiretta da Eileen Romano, dove le scelte di stile sono perfettamente attinenti con quanto scritto e raccontato nelle cento (o più) pagine al loro interno.
In uno degli ultimi ad essere stato pubblicato, Città di mare con nebbia, è stata scelta - non certo a caso - come immagine di copertina Chiaro di luna sul mare, un dipinto del 1830 di Caspar David Friedrich in cui un paesaggio dalle atmosfere sospese chiama a testimoniare ciò che non si può rappresentare, il mistero dell'esistenza, un dipinto che viene dallo stesso museo di Lipsia che nel racconto viene esplicitamente citato a proposito di una suggestione di immagine che è quella dell'isola dei morti di Arnold Böcklin. Un paesaggio - quello raffigurato - che ci rende partecipi di quel senso di smarrimento e di quell'umana finitudine, provata da chi lo ha vissuto e realizzato (l'artista) e da chi lo guarda per la prima volta solo su tela o su una sua riproduzione (lo spettatore), entrambi inebetiti di fronte alla grandiosità di una natura che stabilisce ogni ritmo e che indica la nostra diversa misura.
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(L'isola dei morti di Arnold Böcklin)
Dal mare, arriva "una barca misteriosa, stretta, lunga e nera, come una gondola, come una bara", proprio come nel romanzo. Se si ha la vista lunga o un cannocchiale, si potrebbe notare che a bordo ci sono due uomini: uno prossimo alla vecchiaia, "con la schiena alla poppa, avvolta in un mantello nero, un tozzo cilindro in capo" e un altro più vicino ai trenta, "ai remi, con le braccia nude e muscolose che sbucano da un viluppo di stoffa scura". Uno straniero e il suo servitore (è chiaro il rimando cinematografico al "Nosferatu" di Murnau) che arrivano in quella città sonnolenta affacciata sul Baltico nel 1888. In concomitanza con aggressioni notturne che pochi si riescono a spiegare, c'è una strana inquietudine che si diffonde in quella città immersa nella nebbia, dove inizia un'inchiesta che galleggia sul macrotema della narrazione, la Città e il Male.
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(un'immagine dal film 'Nosferatu' di F.W.Murnau)
Storie e personaggi che ritroviamo in questo libro, curato dallo scrittore e studioso Hans Tuzzi, che - come spiega proprio nell'introduzione al volume - nasce da "un fascio di fogli dattiloscritti" ritrovati in una biblioteca di amici tedeschi, raccolti, tradotti e rimessi insieme in due anni. Del suo autore, Sandor Weltmann - un evidente pseudonimo, visto che è uno dei nomi del Dottor Mabuse di Fritz Lang - non si sa nulla. Di lui ci dice solamente che è nato in Germania e che è vissuto a cavallo fra le due guerre, oltre ad essere stato un profondo conoscitore del cinema espressionista tedesco, propenso alla letteratura di genere gotico e alla deformazione del quotidiano.
Un racconto gotico, dunque, il suo, molto affascinante ed avvincente, per la prima volta oggi proposto nella versione italiana in cui sono proprio il cinema espressionista tedesco e l'arte ottocentesca ad essere presenti in ogni pagina. Nulla è casuale nel racconto e ogni vicenda - come ogni personaggio descritto - è arricchita da particolari e da simboli che sono il frutto di una mente raffinata, capace di utilizzare un linguaggio che solo in alcuni punti è enigmatico, in quanto capace di affidare a ogni elemento un significato preciso ed indecifrabile insieme. Un libro misterioso come il suo autore e per questo ancora più coinvolgente, altamente consigliato a chi ha un gusto particolare per il bello in sè e a chi ama essere sorpreso. 
Provare per credere.





venerdì 25 marzo 2016

giovedì 24 marzo 2016

IL MARE COME NON LO AVETE MAI VISTO


È successo per caso. Visitando una delle più quotate gallerie d’arte contemporanea di Milano, Caiati Now in via del Gesù. Un paio di bellissimi quadri di vele assomigliavano come gocce d’acqua a un paio di copertine di Arte Navale. Così abbiamo scoperto Paolo Londero, ex restauratore di lacche antiche con una certa passione per barche, vele e vento. E una creatività senza apparente confine. Se mai vi capitasse di passeggiare in un bosco di noccioli e vedeste a terra un piccolo ramoscello tutto contorto, vi passerebbe mai per la mente che, una volta ricoperto da scaglie in oro zecchino 
potrebbe diventare una splendida scultura, nella fattispecie un meraviglioso serpente? Se nel vostro laboratorio di restauro trovaste qualche listello di legno di ciliegio e mogano avanzati e qualche scarto di lavorazione di corno e ottone, vi verrebbe mai in mente di mettere insieme questi pezzi e costruirvi un piccolo banjo? Cosa fareste di quella pila di vecchi giornali e riviste che per giorni, settimane e mesi si sono accumulati nell’anticamera di casa, e vostra moglie insiste perché li portiate nel contenitore della carta da riciclare? La risposta giusta è: un suggestivo polpo di cartapesta con delle lampadine sulla punta dei tentacoli. La risposta giusta per Paolo Londero, naturalmente.

UN ARTISTA ECLETTICO CHE SA RENDERE VIVE LE SUE OPERE

Londero è figlio d’arte. Il padre, cesellatore e pittore, gli ha trasmesso la passione. Ma non è solo il disegno ad attrarlo. La sua curiosità è aperta verso ogni tipo di espressione d’arte, non conosce limiti poiché è in grado di penetrare nell’essenza di qualsiasi materiale e di plasmarlo. Con una invidiabile serenità interiore Londero è in grado non solo di trasformare in realtà le sue visioni, ma poi è anche capace di farle vivere dentro. Una volta che i pezzetti di legno sono diventati un banjo sa farne scaturire note dolci e piacevoli, e come se non bastasse, accompagnarle con parole che gli escono spontanee, in puro dialetto milanese (andate a cercalo su youtube). Insomma, per dirla in breve, Paolo Londero è un artista a tutto tondo, che quando lavora nel suo gabinetto di restauro a Milano libera la mente e poi trasforma la realtà. Appassionato di arte antica, si divide fra restauro di quadri e preziosi oggetti dipinti, intaglio, scultura e pittura. A giudicare da quello che fa, non dorme mai e la sua giornata è di almeno 48 ore.

RITRAE LE BARCHE PIÙ MODERNE MEGLIO DI COME FAREBBE UN FOTOGRAFO

Vi stupireste quindi se un giorno lui prendesse in mano un pennello, una tavolozza di colori, una vecchia tela e vi facesse correre sopra la mano, e dopo qualche veloce traccia si cominciasse a delineare una barca a vela che si allontana nel crepuscolo? E non una barca qualunque. I suoi soggetti sono Azzurra, Luna Rossa, le barche della Coppa America, quanto più c’è di tecnologico e moderno, dipinto con un realismo fotografico che va oltre la fotografia, che arriva al cuore delle forme e dei colori. Un realismo antico. Dunque non stiamo parlando qui di “tagli” o “macchie” per le quali serve ingaggiare dei famosi critici affinché creino delle alchimie lessicali, incomprensibili alla maggior parte delle persone, ma destinate a creare un mercato. No, la pittura di Paolo è immediata, è figurativa nello stretto senso del termine, è decisamente vera. Talmente vera che si fa fatica a credere che non sia una fotografia. Quindi non c’è altro da fare se non varcare la soglia della galleria Caiati Now e lustrarsi gli occhi tra una poppa di Azzurra che sfugge a velocità incredibili dall’occhio dell’osservatore e una randa aurica di Tuiga, talmente verosimili da farci credere di essere sulla barca giuria.



mercoledì 23 marzo 2016

Nella linea dove si congiungono cielo e mare, l’uno dice all’altro di deviare dal suo cammino, ma nessuno lo fa e così si forma l’orizzonte.

(Lorenzo Olivan)





TERRE DI MARE

Costiera amalfitana, Italia
A sud di Napoli, in Campania, ci sono i 50 chilometri di costa più incredibili che possiate immaginare: tra Amalfi, Ravello, Sorrento e Positano troverete una delle mete turistiche più amate dai turisti di tutto il mondo.
Strade che curvano sinuose e portano a scoprire alte scogliere a picco sul mare blu, spiagge dorate su cui rilassarsi, bianche ville da ammirare e paesini tra le vigne caratteristici della zona. Non dimentichiamo i meravigliosi alberi di agrumi che vi sorprenderanno per l'aromatico odore e i meravigliosi e colorati frutti.
Scegliete una soluzione economica per dormire e puntate a visitare quanto più potete di questa bellissima zona del nostro paese.


« Convalido l'iscrizione di questo blog al servizio Paperblog sotto lo pseudonimo lillylaurenti ».

martedì 22 marzo 2016

Il monaco il riva al mare di Caspar David Friedrich (1808-1810)



La distesa blu scura, quasi nera, delle acque. Il cielo nuvoloso che si apre in un limpido azzurro. E, solo, schiacciato da tanta bellezza, un uomo, intento a  la mastodontica grandezza della natura selvaggia.

lunedì 21 marzo 2016

"Se vuoi costruire una nave,
non radunare gli uomini per raccogliere il legno e distribuire i compiti ma,
insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito"
(A. de Saint Exupery)



Il fiume è dentro di noi, il mare tutto intorno a noi.

(Thomas Stearns Eliot)


giovedì 17 marzo 2016

Il mare mi parla di te
dall'orizzonte avanzano
tempeste implacabili,
giorni di vento e pioggia
ma il mare mi parla di te
e io...gli credo


( Liliana Laurenti )





Il mare
è come un soffice letto
che ti culla
come un nido
di pesci.
E' profondo 
limpido.
Mi dà gioia
e sicurezza.



(Federica Fontanieri)




mercoledì 16 marzo 2016


Gabbiani su Camogli (Evmiglio) 1997

Sotto l’azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va; né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto “più in là”.

(Eugenio Montale)




martedì 15 marzo 2016

Stanze in riva al mare di Edward Hopper (1951)


Paradossale, allucinante, eppure di una struggente bellezza. Sembra un dipinto surrealista, ma ritrae la quotidiana realtà di ognuno, sospesa tra le stanze domestiche di un’esistenza “normale” e il sogno di una vita selvaggia e primordiale, libera e avventurosa come il mare.
La vita non la misurai in anni, ma in strade, ponti, montagne, chilometri che mi separavano ogni volta dal mare

(Fabrizio Caramagna)


lunedì 14 marzo 2016

Il mare è un immenso deserto dove l’uomo non è mai solo, perché sente fremere la vita ai suoi fianchi.

(Jules Verne)


Anche noi, come l’acqua che scorre, siamo viandanti in cerca di un mare.

(Juan Baladan Gadea)

venerdì 11 marzo 2016

Al primo posto fra i libri che meglio di tutti gli altri hanno immerso la loro scrittura e la lettura di molti nel mare c’è la seconda avventura di Marcel, il protagonista de la Ricerca del Tempo Perduto; Marcel vive le sue angosce sentimentali nella riviera plumbea ed evanescente di Balbec dove, sul lungomare, l’inquieto protagonista scruta il profilo delle ragazze che incontra, ossessionato di gelosia per il suo futuro amore Albertine, già sospettoso e tormentato per via della passione omosessuale di lei. Ecco un passo da All’ombra delle fanciulle in fiore:

"Mi gettavo sul letto; e, come se mi trovassi sulla cuccetta d’una di quelle navi che scorgevo non lontane da me e che, di notte, simili a cigni rabbuiati e silenziosi, ma insonni, ci avrebbero stupiti con il loro lento spostarsi nell’oscurità, da ogni lato mi circondavano immagini marine. A volte l’oceano riempiva quasi tutta la mia finestra, sovrastata da una striscia di cielo il cui limite superiore era, semplicemente, una linea dello stesso azzurro di quello del mare e che, proprio per questo, io credevo essere ancora mare, d’una sfumatura appena diversa dovuta, pensavo, a un effetto di luce. E, a volte, al grigio uniforme del cielo e del mare s’aggiungeva, con raffinatezza squisita, un tocco di rosa… "




Il mare è un trattato di pace tra la stella e la poesia

Alain Bosquet



martedì 8 marzo 2016

BORGO SUL MARE - Francesco Guzzi


E Guardo 'o mare
... E guardo 'o mare
ma chesta sera l'onne
songhe 'o ritratto
'e sti penziere mieje
veneno e vanno
comme 'e ricorde
ca se perdono

addò l'acqua se vasa c''o cielo.

'A terrazza è deserta
nun me voglio affaccià
nun è 'o mumento
e po' pe' fa che cosa
ma pecché?
meglio a fa finta 'e niente.

... E guardo 'o mare
'nnanze all'uocchie
'a tristezza
'e na pioggia d'autunno.

(Luciano Somma)




venerdì 4 marzo 2016

giovedì 3 marzo 2016



Come si può comprendere qualcosa della vita e capire a fondo se stessi se non lo si è imparato dal mare

Federico Garcia Lorca

mercoledì 2 marzo 2016

IL MITO DELLE SIRENE

LE SIRENE
Mentre tante divinità inferiori del mare, create in parte dalla fantasia dei nostri padri antichi, sono dimenticate dal popolo, che non sa più dire cosa alcuna delle Oceanidi belle e delle figlie gentili di Nereo, il ricordo delle sirene è indimenticabile fra gli abitanti di molte spiagge nostre meridionali; e si potrebbe affermare che fra le leggende marinaresche quelle che dicono del fortissimo nuotatore ColaPesce e delle sirene siano le più popolari in certe regioni d'Italia.
E forse quando i pescatori di Napoli, della Calabria e della Sicilia vanno di notte sul mare nelle barchette brune, e dicono la canzone dell'amore o quella del dolore, il suon dell'arpe d'oro si accompagna al loro canto col mormorio delle onde; bianche figure splendenti si mostrano sull'acqua che trema, ed al pari dei loro padri antichi essi odono altri canti armoniosi che promettono l'amore e la felicità.
Le sirene non si dilettarono solo nel trarre a perdizione i marinai colle promesse ingannevoli e con l’armonia delle voci divine; ma spesso presero parte ad azioni diverse che si svolgono in molte leggende e novelline popolari.
In uno dei racconti più antichi del mondo, che forse dilettò parecchi Faraoni egiziani, si narrano le strane avventure del Principe Predestinato; sulle nostre spiagge del mare Jonio si dice invece, in una leggenda marinaresca, del Principe Nato e non veduto, vittima delle sirene.
Questa leggenda così diversa nella conclusione da quella del Principe Predestinato, figlio di qualche antico Faraone, che giunge a trionfare del fato, il quale lo vuole ucciso da un serpente, da un coccodrillo o da un cane, è assai notevole, perché avviene di trovare in essa una strana confusione delle sirene colle fate e colle streghe, che hanno facoltà di mutarsi in gatti, secondo le credenze popolari di molte genti.
Fra le leggende popolari che dilettano i Lapponi a tanta distanza dal nostro cielo azzurro e dall'incanto delle nostre marine, ritrovai con qualche variante la leggenda calabrese di Bíancofíore e quella della bella fanciulla di terra d'Otranto sposata dal re; e forse quando le donne dei nostri pescatori, riunite nelle casette presso le spiagge o sedute sull'arena al bel sole d'Italia, raccontano ai figlioletti le avventure delle fanciulle raccolte in mare dalle sirene, altre donne verso il Polo ripetono in lingua tanto diversa, nelle capanne coperte di ghiaccio e sulle sponde desolate dell'Oceano glaciale lo stesso racconto, in cui la strana figura di Attjis-ene, malvagia donna del mare, fa le veci delle nostre sirene. In questa leggenda dei Lapponi la fanciulla si muta in anitra e questa è una variante della nostra leggenda calabrese sullo stesso argomento, in cui le oche scoprono l'inganno allo sposo di Biancofiore.
Secondo certe tradizioni siciliane note nella contea di Modica, la sirena non ha la solita perfidia, e pare che si assomigli alquanto a certe nordiche figure di sirene, che avvertono i marinai dei pericoli ai quali vanno incontro. Questa sirena siciliana vive nel fondo del mare, in una grotta di brillanti, di perle e di calamita, e solo una volta all'anno lascia la sua splendida dimora, quando ricorre la festa di San Paolo, dal 24 al 25 gennaio.
Ella s'avvicina alla spiaggia e si dà a cantare tutta la notte, profetizzando di avvenimenti che succederanno entro l'anno, e predicendo l'avvenire a coloro che l'ascoltano.
Pare che vi sia a questo proposito una certa somiglianza fra la sirena siciliana e una ninfa o sirena dell'Edda scandinava, conosciuta certamente dai Normanni, che si chiamava Skulda e prediceva l'avvenire, mentre una sua compagna, Urda, conosceva il passato e Veranda il presente. Anche Glauco, secondo la credenza dei Greci, dopo aver mangiato l'erba che lo fece compagno degli altri dei del mare, appariva una volta all'anno sulle coste profetizzando.
La sirena di Modica fa pure sentire il suo canto quando nasce un bambino sventurato, o, secondo altre canzoni, è molto perfida, ride quando uccide, e per combattere contro di essa bisogna aver molta forza e grande coraggio.
Certe leggende siciliane dicono che la sirena abita nel Faro di Messina. Altri narra che due sirene bellissime e perfide chiamate Scilla e Cariddi dimoravano nel Faro e traevano le navi a perdizione.
Un gigante affermò che le avrebbe prese entrambe; si fece legare ad una fune, si gettò nel mare, giunse al fondo, afferrò le malefiche sirene che portò a terra e consegnò al popolo.
Non sappiamo se queste perfide figlie del mare, trasformazioni di mostri orribili, che atterrivano gli antichi marinai del Mediterraneo, venissero uccise sulla spiaggia, ma è certo che le sirene, potevano non solo essere mutate in rupi, ma anche morire, poiché Partenone mori e fu sepolta, ed anche la bella ninfa o sirena Amalfi fu sepolta sopra una spiaggia alla quale dette il suo nome.


CHE MI DAI MARE?



Che mi dai mare?
I caldi riflessi del sole,
i dolci sussurri del vento,
un lembo azzurro di cielo!

Le onde non lasciano il segno
e tu, accanto, hai un corpo oramai
stanco.

E’ sera, intorno urla la calma
di un rosso tramonto.
Vorrei un altro giorno,
un giorno per viver felice.

Immerso nei tuoi occhi normanni
mi dici: ti amo ancora, anima mia!

Francesco Cuda
GENTE DI MARE


Di fronte al mare la felicità è un’idea semplice.

Jean-Claude Izzo


IL VECCHIO E IL MARE

Il vecchio e il mare  è un romanzo di  Ernest Hemingway pubblicato per la prima volta sulla rivista Life nel 1952. Grazie a questo libro Hemingway ricevette il premio Pulitzer nell'anno 1953 e il premio Nobel nell'anno 1954.





Ambientato a Cuba, il romanzo inizialmente parla di un vecchio chiamato Santiago che pescava da solo su una barca a vela nella corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce. Nei primi quaranta giorni lo aveva accompagnato un ragazzo di nome Manolin, ma dopo quaranta giorni passati senza che prendesse neanche un pesce, i genitori del ragazzo gli avevano detto che il vecchio era decisamente e definitivamente salao, che è la peggior forma di sfortuna, e il ragazzo aveva ubbidito andando in un'altra barca dove prese tre bei pesci nella prima settimana. Era triste per il ragazzo veder arrivare ogni giorno il vecchio con la barca vuota e scendeva sempre ad aiutarlo a trasportare o le lenze  o la gaffa e la fiocina e la vela serrata all'albero. La vela era rattoppata con sacchi da farina e quand'era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne. Manolin continua comunque ad avere fiducia nel vecchio che considera suo maestro oltre che amico. Santiago decide di prendere il mare da solo, riuscendo a far abboccare all'esca un gigantesco pesce vela, lungo mezzo metro in più della sua barca, che lo trascina per tre giorni e tre notti, durante i quali Santiago si mantiene mangiando altri pesci pescati e fa molte riflessioni sulla vita e sulla pesca. Alla fine, dopo numerosi sacrifici, il Vecchio riesce ad uccidere e legare il pesce tenendolo in acqua ma il suo rientro al porto è molto sofferto a causa degli squali che gli divoreranno tutto il pesce vela bianco, lasciandolo sfinito e sconfortato. Giunto alla sua capanna, Manolin corre subito a prestargli soccorso e a prendergli un caffè; dichiara inoltre che d'ora in avanti torneranno a pescare insieme, risollevando il morale a Santiago.

martedì 1 marzo 2016

Another Place





Another Place  è un'installazione di Antony Gormley, eretta sulla spiaggia di Crosby, nei pressi di Liverpool, in Inghilterra. È formata da cento figure di ghisa rivolte verso il mare, sparse su una striscia di spiaggia lunga due miglia. Ogni statua è alta 189 centimetri e pesa circa 650 kilogrammi.
Come la maggior parte delle opere di Gormley, le figure sono repliche del corpo dell'artista. Con l'alzarsi e l'abbassarsi della marea, le statue sorgono o vengono sommerse dal mare.
Another Place fu esibito per la prima volta sulla spiaggia di Cuxhaven, in Germania, nel 1997.
( fonte Wikipedia )
La Grande Honda   

Hokusai (1832)

BREZZA MARINA


La carne è triste, ahimè! E ho letto tutti i libri.
Fuggire laggiù, laggiù! Io sento uccelli ebbri
d’essere tra l’ignota schiuma e i cieli!
Niente, né antichi giardini riflessi dagli occhi
Terrà questo cuore che già si bagna nel mare
O notti! Né il cielo deserto della lampada
Sul vuoto foglio difeso dal suo candore
Né giovane donna che allatta il bambino.
Io partirò! Vascello che dondoli l’alberatura

L’ancora sciogli per una natura straniera.
E crede una noia, tradita da speranze crudeli,
Ancora nell’ultimo addio dei fazzoletti!
E gli alberi forse, richiamo dei temporali,
Son quelli che un vento inclina sopra i naufraghi
Sperduti, né antenne, né verdi isolotti…
Ma ascolta, o mio cuore, il canto dei marinai.


Stephane Mallarmé

Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso.

(Rainer Maria Rilke)